22 aprile 2008

Anno nuovo, vita nuova

Ciao.

Da oggi lascio questa piattaforma (un bel po' sfigata, diciamolo...) e passo a:

comese.wordpress.com

Pian piano vedrò anche di trasferire tutto di là.
E buon compleanno, eh.

21 aprile 2008

Se devo avere un presidente...

[io continuo a ringraziarvi, e a portare il più infinito rispetto..]

17 aprile 2008

Come vuoi che vada.

Chissà mai che qualcuno passi di qui a vedere di che umore sono dopo questo weekend elettorale, facciamolo un nuovo post, dai.

Anche perchè come scrive il compaesano Papo, almeno intercetto un tot percento del traffico di chi sta girando i blog a leggere commenti e fomenti - vuoi mettere che goduria vedere le statistiche che salgono in verticale come il fatturato di una fabbrichetta brianzola? Allora forza: elezioni veltroni berlusconi sinistra arcobaleno lega nord sconfitta disastro ecatombe espatrio e poi boh, quali altri tag dovrei mettere?


Mi dice (in privato, che io ho le mie corsie preferenziali - tiè..!) la mia blog-grrl preferita che poco cambia nel panorama di macerie che è questo Paese, dopo il weekend delle crocette. E naturalmente ha ragione. Però io mi tengo le mie solite tonnellate di perplessità, tipo.


Domande, solite storie, niente di che... tipo come fai, se hai fatto il metalmeccanico tutta la vita, il sindacalista pure, e adesso fai il pensionato, e con tua moglie pure pensionata avete tirato grande una figlia disabile grave... come fai a votare per la lega nel 2008?

Però non è odio, ci mancherebbe - e nemmeno rabbia, quello che mi viene. E' più desolazione, sconforto. Perchè non è facile dargli torto, a questa gente: che il partito dei fighetti non lo può sopportare, che i vivoluzionavi in velluto e cachemire li rispetta, sì, ma da lontano, che la destra ufficiale (e ufficialmente fascista) non la considera neppure un'opzione, e Berlusconi nemmeno perchè è il partito dei padroni... e alla fine dunque vota la Lega perchè sono gente normale, come me, quelli che incontro al bar, ci riesco a parlare...

Io che al bar non ci vado da una vita, e ho sempre più difficoltà a relazionarmi attivamente (senza dei giradischi in mezzo, intendo) con un numero di persone maggiore di 5 o 6, non so cosa dire.
O meglio avrei la testa piena di parole, un ronzio, un rimbombo di blabla e prediconi.

Ma qui serve silenzio, soprattutto. Possibilmente quello di un posto con tanti alberi, aria e luce.

E non sto meditando la solita fuga romantica dell'eroe esiliato - manco per il cazzo, a questi io il mio pezzo di mondo non glielo voglio lasciare. Ma devo trovare il posto buono per scavare la mia trincea.

04 marzo 2008

una goccia di splendore

Quando mi sfiora la poesia, la letteratura, fa effetto.
Quando non resta altro, quando ti fanno terra bruciata intorno gli sciacalli, i bravi, quelli che sono capaci, resta un po' di amaro nella pancia, una rabbia inconsulta da sfogare, e un senso di delusione così largo, che quasi non ci credi.

Poi arrivano due versi, un titolo, una cosa letta di corsa o raccontata, e subito si alza un'aria nuova, si apre il cielo e il sole mette una primavera tutto intorno. Mi metto la veste curiale, idealmente, in segno di rispetto a questo potere.

Sepolti sotto le macerie, ci sono frammenti di splendore. Tirarli fuori è faticoso, difficile come ricordarsi una cosa lontana. Ma quando li maneggi, questi frammenti, scaldano in un modo inconcepibile.

Grazie a chi li ha seminati dentro di me, allora.
E grazie a tutti gli incontri fortuiti che li fanno risuonare, nella corsa forsennata dove mi vedo come una figurina sbiadita.

Padre Dante, e tutti gli altri prima e dopo di lui... fate qualcosa, vi prego.

02 febbraio 2008

Into the wild

Ho visto il film di Sean Penn una settimana fa, e continuo a rimasticarmelo in testa. Le inquadrature finali, soprattutto.

Il film è meraviglioso, una delle cose più belle viste di recente - e la storia è vera, raccontata sulla base di un libro che negli Stati Uniti è un cult da tanti anni.
(Se non sapete come finisce, smettete di leggere oppure non mi rimproverate se poi parlo del finale).


La cosa che non mi torna è il dibattito che ho in testa, tra romanticheria (post)adolescenziale, e sacrificio della propria vita per qualcosa in cui si crede. Che poi, non è detto siano cose così diverse.

Diceva il poeta, per delicatezza ho perduto la mia vita.
Eccoci, siamo qui.


Pensare di sopravvivere in Alaska con mezzo sacco di riso, senza una mappa e l'equipaggiamento giusto, per chi ha provato anche poco (come me...) a fare su e giù per i monti, è un'idiozia. Lo dicono anche gli abitanti del posto, già molto incazzati per i mille ragazzi circa (e adesso aumenteranno a dismisura...) che ogni anno vanno in pellegrinaggio fino al bus / rifugio di caccia dove Chris McCandless, il protagonista vero della storia, è morto per denutrizione, a 15 miglia da un'autostrada, e soprattutto a poca strada da una cremagliera che lo avrebbe potuto portare facilmente dall'altra parte del fiume gonfiato dal disgelo, nel momento in cui aveva deciso di tornare e non ci è più riuscito.


La gente che nella natura ci vive, non potrà mai accettare queste cose.

Però invece a noialtri che abbiamo assaggiato il vagabondaggio, abbiamo alzato il pollice e macinato chilometri con lo zaino, una storia come quella di Chris McCandless ci chiama a piena voce. E chiede conto di tutto quello che ci siamo rigirati in testa, durante tutta quella strada.

E' la storia di Francesco, che lascia ogni cosa e va a vivere coperto di sacco nelle macerie di San Damiano. E' Walden, andai nei boschi eccetera eccetera - sempre quello dell'Attimo fuggente. E' la voglia di essere niente, di "chiamare le cose col loro nome" come ci ripete il protagonista della vicenda, è il fatto di scoprirsi una docile fibra dell'universo.










Ci riesce solo la poesia, ad avvicinarsi al senso di questa maniera di vivere. E la poesia fa a pugni col buon senso, in un modo doloroso e instancabile, da sempre.

Il rimpianto è solo quello di non poter sapere cosa sarebbe successo nella vita di Chris, se fosse riuscito a tornare. O forse, così sarebbe stata solo una storia come tante?



10 gennaio 2008

in rapida oportet scribere aqua

Oggi pomeriggio mi sono trovato, da solo, in una classe di un liceo classico.

I ragazzi (e dalla scrittura, soprattutto le ragazze), forse stimolati da qualche prof lungimirante, hanno riempito una parete, sotto l'insegna "ipse dixit", di fogli e foglietti scritti a pennarello colorato, pieni di citazioni di tutti i tipi.

Non manca naturalmente Federico Moccia e il suo 3msc, e nemmeno inaspettate citazioni di canzoni italiane (Guccini, Venditti, Masini... ma oh, siamo nel 2008?!) - ma da bravi studenti di liceo classico, soprattutto abbondano citazioni (in italiano!) da classiconi latini, o americani - e pochi italiani.

Hanno gusto, questi ragazzi - almeno, quasi tutti.
Ci sono le frasi di Nietzsche delle magliette, non manca il Che naturalmente, come non può mancare Hesse, e Gibran, e poi Ovidio e tanti altri.

E naturalmente, dato che fanno il liceo classico, avranno visto L'attimo fuggente, e si saranno identificati con i giovani protagonisti - che sono oggi, come si dice nel film, concime per i vermi
- e dritto dal film, c'è anche il buon Walden di Thoreau:


Andai nei boschi perchè desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, di non aver vissuto.
Mi viene da chiedermi quanti di questi cuori emozionati dai discorsi di Robin Williams, poi abbiano mai passato una notte sotto le stelle o si siano accesi un fuoco, ma non è di questo che volevo scrivere...

Distrattamente ho buttato l'occhio ai fogli appesi, alle scritture colorate sul muro, ed è stata proprio una di queste a calamitarmi, e a costringermi a leggerle tutte. Era il vecchio numero 70 di Catullo, che ancora si fa scrivere a pennarello verde sul muro della classe:

quel che dice una donna all'amante bramoso
va scritto sul vento,
e sull'acqua che scorre veloce.

Dopo due millenni abbondanti, il ragazzo colpisce ancora, e ancora, generazione dopo generazione. Dritto in faccia, come era arrivato a me, lasciando un segno che ancora mi accarezzo con cura e indulgenza.

Fantastico, mi è rimasto un sorriso sull'angolo della bocca per tutto il pomeriggio.

01 gennaio 2008

cosa importa se sono caduto / se sono lontano...

A scriverle, certe storie non verrebbero così bene.

Allarme rosso, un pacco inviato a Mastella è stato intercettato da controlli di sicurezza a Roma, si tratterebbe di un manichino incaprettato, forse è un avvertimento mafioso, oppure un segnale da un detenuto, ma non si esclude la pista islamica, le autorità stanno indagando, eccetera eccetera.

Bravi, bravi.

Però era una scultura dell'artista bergamasco Giovanni Bianchini, già esposta a Bergamo mesi fa, una installazione sulle "extraordinary rendition" ossia sui rapimenti-legalizzati di cittadini di Stati europei compiuti dalla Cia, grazie ai quali oggi il cittadino italiano Abou Elkassim Britel è stato rapito mentre era in Pakistan, spedito in Marocco come un pacco postale, e lì buttato in galera per accuse di terrorismo islamico.

Kassim, come lo chiamano i suoi, è in galera da SEI anni in Marocco, il suo rapimento e arresto è stato condannato ufficialmente dal Parlamento Europeo (risoluzione n° 2006/2002 (INI)/feb 2007 ), e in Italia non risultano accuse a suo carico. E allora?

Kassim, è al QUARANTASETTESIMO giorno di sciopero della fame mentre scrivo, e i giornali italiani dando un altro ottimo esempio della loro fedeltà alle notizie e soprattutto alle regole base del giornalismo (Primo: verificare sempre le notizie...), corrono dietro alle cazzate di Mastella ma di lui non hanno ancora detto una parola - non hanno detto del sindaco di Bergamo che ha preso carta e penna per scrivergli una lettera di solidarietà, non hanno detto che ci sono un sito e un blog (scritto dalla moglie...) che raccontano la sua storia - eppure basta un clic per leggerla, non ci voleva tanto.

Allora lasciate perdere i giornali, e lasciate perdere anche questo blog, fatevi un giro su quello di Kassim, scrivete, mandate mail, perchè questa cosa non deve finire così.

Another year over...

Another year over
and the new one just begun.

[...]

And so merry Christmas
and happy new year
let's hope is a good one
without any fear
war is over, if you want it
war is over now.